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Università: meno democrazia e più yesmen?

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Nell’Università molti dei meccanismi in atto portano verso regole che favoriscono una minore democrazia e un ruolo sempre maggiore affidato alla figura yesman. Due testi per andare controcorrente: (a) Una sentenza importante del Tar della Liguria a favore della eleggibilità dei membri interni; (b) Qualche riflessione per scoraggiare la diffusione dello yesman

 

Sergio Brasini, Gianni Porzi: Una sentenza importante

Riteniamo che la sentenza del TAR Liguria n° 718 del 22/5/2012, con la quale è stato rigettato il ricorso del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca contro l’eleggibilità dei membri interni del Consiglio di Amministrazione, prevista dallo Statuto dell’Università di Genova, sia di grande importanza. E’ ragionevole attendersi ora che un analogo destino avranno i ricorsi presentati dal MIUR contro gli altri sei Atenei (Pisa, Firenze, Palermo, Trieste, Parma e il Politecnico di Torino) che scelsero tale opzione all’atto dell’approvazione del loro nuovo Statuto. La Legge 240/2010 di riforma dell’Università prevedeva all’art. 2 che i componenti dei CdA potessero essere designati o scelti. A questo proposito ci sembra interessante evidenziare il seguente passaggio della sentenza: “La nozione di ‘scelta’ sempre contenuta nel capoverso i) della disposizione in questione appare più difficile da ricondurre alla prospettiva delineata dal motivo in rassegna: etimologicamente il vocabolo discende dalla coniugazione al participio passato del verbo scegliere, a sua volta derivato dal latino “ex-eligere”, la cui assonanza con la contrastata modalità elettorale non ha necessità di essere spiegata”. Tale passaggio della sentenza è in accordo con l’opinione espressa dal Pro-Rettore per gli Affari Giuridici dell’Università di Pisa, prof. Dal Canto, secondo il qualeuna scelta può essere fatta in molti modi, dunque anche attraverso le elezioni: infatti, elezione deriva dal latino eligere, che significa scegliere”.

A difesa del meccanismo elettivo per la scelta dei membri interni del CdA, il Rettore dell’Università di Trieste, prof. Peroni, aveva affermato a sua volta chela Legge non contiene elementi di incontrovertibile divieto, e noi abbiamo difeso questo ulteriore passaggio democratico che garantisce la partecipazione di tutti”.

Pertanto, rigettando il ricorso del MIUR, il Tribunale Amministrativo della Liguria ha stabilito che l’eleggibilità dei membri interni del CdA non è proibita dalla Legge 240; la scelta della “partecipazione democratica” del Personale universitario non è, a giudizio della Magistratura amministrativa, contra legem (come sostenuto dal MIUR) e ciò rappresenta una vittoria di grande significato politico per coloro che sono convintamente e profondamente democratici e ancora oggi si battono per difendere quel po’ di autonomia universitaria che resta. Il 17 giugno 2012 sarà il TAR del Piemonte a pronunciarsi sull’analogo ricorso intentato dal MIUR contro il Politecnico di Torino del quale, fino a novembre 2011, è stato Rettore l’attuale Ministro Profumo. A seguire si avranno poi inevitabilmente le sentenze dei TAR relative agli altri cinque Atenei “ribelli”, rei di aver voluto mettere in pratica quei principi elementari di democrazia partecipativa che altri Atenei, in primis quello bolognese, non hanno al contrario ritenuto rilevanti. Evidentemente, ci troviamo dinanzi ad un grado assai diverso di sensibilità democratica tra i vari Atenei!

 

Gianni Porzi: Lo yesman, chi è costui? E se non ci fosse?

Lo yesman, come noto, è un individuo che dice sempre “sì” nella speranza di ricevere poi dal Principe una gratifica, un riconoscimento, di varia natura, di cui poter godere, ma non sempre ciò si verifica perché esistono anche i Principi ingrati. Gli yesman si annidano ovunque (nella politica, nell’accademia, nella pubblica amministrazione, nelle istituzioni pubbliche e private, ……) e ognuno di noi sicuramente ne conosce almeno uno. A volte vengono definiti pavidi, o addirittura codardi, e forse in parte lo sono anche, ma, a mio avviso, sono per lo più individui che dicono sempre “sì” solo per ricevere in cambio favori. Ritengo la “sindrome dello yesman” genetica, cioè costituzionale, e prescinde quindi dal Principe di turno; lo yesman ha bisogno di un Principe da servire, non può farne a meno perché è l’unico modo che ha per realizzarsi. Non sempre però riceve poi il “premio agognato”, anzi a volte viene abbandonato senza forse neanche un “grazie”. Viene usato e poi gettato (come i fazzolettini Tempo) quasi che appartenesse alla categoria commerciale dell’“usa e getta”. E questo fa veramente molta tristezza, anche perché è vittima di se stesso più che del Principe che, ovviamente, se ne approfitta. A volte mi chiedo cosa passerà nella mente di uno yesman: sarà depresso  perché vorrebbe qualche volta dire di “no”, ma non é capace, oppure sarà contento di aver servito il Principe anche senza aver ricevuto nulla in cambio se non il piacere (e per lui forse l’onore) di essere stato fedele scudiero, servitore senza se e senza ma? Purtroppo, qualunque cosa passi nella sua mente, resterà uno yesman perché il DNA non si modifica. D’altra parte, nei casi in cui il Principe non ha carisma, come potrebbe imporsi se non potesse contare sugli yesman? Tali individui sono quindi funzionali al Principe, tra loro c’è una stretta dipendenza, una sorta di simbiosi.

A parere di alcuni, gli yesman sarebbero anche utili alla società. Infatti, secondo questa scuola di pensiero, se in una qualunque delle svariate riunioni non ci fossero gli yesman, queste sarebbero lunghissime, piene di richieste di spiegazioni per capire a fondo gli argomenti in discussione, perfino anche di contestazioni, e i Principi (siano essi Presidenti, Direttori, Amministratori delegati, etc.……) verrebbero tormentati e messi anche in difficoltà da quei rompiscatole che non sono disposti ad accondiscendere servilmente il Principe di turno. Si può presumere addirittura che, se non ci fossero gli yesman, la maggioranza degli attuali Principi sarebbe costretta a trovarsi un altro lavoro, creando così notevoli problemi socioeconomici. Grazie invece agli yesman ciò non si verifica e le riunioni possono scorrere tranquille, senza stress e anche più veloci perché in totale assenza di contestazioni e/o rilievi di sorta. In definitiva gli yesman fanno anche risparmiare tanto tempo prezioso, che potrà così essere impiegato in modo più proficuo.

Ergo: grazie di esistere yesman!

 

Sergio Brasini è docente di Statistica Economica presso l’Università di Bologna, Gianni Porzi è ex rappresentante del governo nel CdA dell’Università di Bologna

 


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